I verdi settant’anni delle emulsioni fotografiche nucleari

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 G. de Lellis, P. Strolin    29-04-2016     Leggi in PDF

I verdi settant’anni delle emulsioni fotografiche nucleari

L'esperimento OPERA al Laboratorio Nazionale del Gran Sasso.

Le emulsioni fotografiche nucleari – capaci di vedere in 3D e di misurare con precisione sub-micrometrica tracce di singole particelle – hanno compiuto settant’anni. Già nel 1896 Henri de Becquerel aveva scoperto la radioattività naturale in emulsioni fotografiche, una cinquantina di anni dopo l’invenzione della tecnica fotografica. Le emulsioni cosiddette nucleari sviluppate a Bristol dal gruppo di Powell attorno al 1946, in collaborazione con la Ilford, diedero inizio a una nuova era. Con la scoperta del pione nel 1947 esse dimostrarono subito di essere uno strumento privilegiato per portare alla luce particelle a vita brevissima, praticamente senza alcuna contaminazione da rumore di fondo grazie alla completa osservazione visiva. Le emulsioni nucleari fecero così entrare i fisici in un mondo in cui pochissimi eventi sono sufficienti per una sostanziale certezza.

Il settantesimo compleanno delle emulsioni nucleari può dirsi festeggiato dal riconoscimento di “outstanding paper award” conferito dalla Physical Society of Japan a un lavoro pubblicato nel 2014 dal titolo “Observation of tau neutrino appearance in the CNGS beam with the OPERA experiment”. L’esperimento OPERA è basato sull’impiego a larghissima scala di emulsioni nucleari - corredate da un insieme di rivelatori elettronici - ed è situato nel laboratorio sotterraneo del Gran Sasso (LNGS) dell’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare, ove dal 2008 al 2012 è stato diretto il fascio di neutrini CNGS prodotto dal complesso di acceleratori del CERN. Il riconoscimento assume particolare rilievo in relazione al Premio Nobel 2015 assegnato a Takaaki Kajita e Arthur B. McDonald “for the discovery of neutrino oscillations, which shows that neutrinos have mass”, che l’osservazione in OPERA di un’altrimenti inattesa apparizione di neutrini tau nel fascio di neutrini muonici CNGS – citata nel “Scientific Background” del Nobel - ha confermato definitivamente.

Analogamente alla scoperta del pione, pochissimi eventi con osservazione visiva sia della produzione che del decadimento di leptoni tau - di inequivocabile origine in interazioni di neutrini tau - sono bastati a OPERA per accertare nel modo più diretto la oscillazione di neutrini muonici in neutrini tau. Oltre all’estrema precisione intrinseca delle emulsioni nucleari, se ne è richiesto l’impiego su una scala senza precedenti. A un progresso tecnologico nella produzione e nello sviluppo chimico dopo l’esposizione, si è aggiunto un lungo passo in avanti nei sistemi di microscopia automatica ad alta velocità, che negli ultimi due decenni hanno rivoluzionato la tecnica delle emulsioni nucleari ed esteso il suo campo di impiego.

I verdi settant’anni delle emulsioni fotografiche nucleari

La prima interazione di neutrino tau osservata in OPERA, completamente ricostruita.

La figura mostra la prima interazione di neutrino tau osservata in OPERA, completamente ricostruita. La traccia corta, corrispondente al leptone tau, termina con il suo decadimento in una sola particella carica, nel punto ove le due tracce formano un gomito.

A distanza di settant’anni, la tecnica delle emulsioni gode di ottima salute, anzi è all’inizio di una nuova giovinezza. Dopo lo sviluppo chimico la traccia di una particella è segnata da grani di argento metallico fissati in materiale inerte di natura organica, come nella favola il percorso di Pollicino lo è da sassolini lasciati lungo il suo cammino. Nelle emulsioni usate finora, questi grani hanno dimensioni dell’ordine del micron. In “nano-emulsioni” sviluppate a Nagoya in Giappone, le dimensioni dei grani sono ridotte di oltre un ordine di grandezza. Unite a un sistema di microscopia ottica automatica di concezione innovativa realizzato a Napoli, esse spingono la risoluzione spaziale all’ordine della decina di nanometri.

Questi sviluppi aprono nuovi orizzonti e, in particolare, a una metodologia innovativa per dimostrare l’esistenza della cosiddetta Materia Oscura sotto forma di particelle massive debolmente interagenti (WIMP, dall’inglese Weakly Interacting Massive Particles) che permeerebbero l’Universo come una sorta di gas. A causa della velocità della Terra nella galassia, ci si aspetta che le WIMP appaiano giungere sulla Terra da una direzione preferenziale che, se rivelata, costituirebbe una prova chiarissima della loro esistenza.

Come sporgendo la mano dal finestrino di un’auto in moto si prende coscienza dell’esistenza dell’atmosfera dalla forza esercitata, così l’osservazione di rinculi di nuclei può evidenziare impatti con WIMP, inclusa la loro direzione. Le nano-emulsioni ne sono capaci. La sperimentazione sta iniziando con l’esperimento pilota NEWS presso i Laboratori Nazionali del Gran Sasso, in una collaborazione coesa, come OPERA, attorno a un nucleo italo-giapponese.