Giocare a tennis con i neutrini

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 C. Dionisi    28-01-2020     Leggi in PDF

Giocare a tennis con i neutrini

Bruno Pontecorvo tennista disegnato da Misha Bilenky.

Il 6 dicembre 2019 si è tenuta presso la sede della Società Dante Alighieri di Ginevra una conferenza dedicata alla figura umana e scientifica di Bruno Pontecorvo, con la proiezione del documentario teatrale "L'eredità di Bruno Pontecorvo: l'uomo e lo scienziato" di Simone Pontecorvo, Carlo Dionisi e Luisa Bonolis, e con voce narrante dell’attore Giulio Scarpati. All’evento erano presenti Carlo Dionisi, professore onorario di fisica alla Sapienza di Roma, e Simone Pontecorvo, artista e figlio del regista Gillo Pontecorvo nonché nipote dello scienziato Bruno Pontecorvo, che prima della proiezione hanno ricordato brevemente i contributi geniali dello scienziato e la sua profonda onestà intellettuale.

La vita di Bruno Pontecorvo (Pisa 1913 - Dubna 1993), uno dei più grandi scienziati del ventesimo secolo e pioniere della fisica delle alte energie, è stata caratterizzata sia dalle sue innovative idee scientifiche che dalle sue scelte ideologiche. Fu il più giovane fra "i ragazzi di via Panisperna", il gruppo di scienziati che fecero di Roma, negli anni trenta, la capitale mondiale della nuova fisica nucleare. Con le scoperte attuali sull'oscillazione dei neutrini, da lui predette, il nome di "padre dei neutrini" gli riconosce il ruolo che da sempre merita. Come il suo maestro Enrico Fermi, era un fisico con straordinarie capacità, sia come teorico che come sperimentale. Bruno Pontecorvo ha però anche impressionato il mondo per la sua fuga nel 1950 in Unione Sovietica.

Nel documentario teatrale sono ricostruite le principali tappe della vita di questo genio del Novecento, attraverso testimonianze e interviste del fratello Gillo, del Premio Nobel Jack Steinberger, della giornalista Miriam Mafai, e di altri importanti personaggi, con la presentazione di materiale inedito iconografico e documentario fornito dalla famiglia. Di particolare interesse è l'emozionante intervista allo stesso Pontecorvo, al momento del suo primo rientro in Italia, consentitogli solo nel 1978, in cui egli dichiara con fermezza di non aver mai lavorato alle armi nucleari nella sua vita, né negli Stati Uniti, né in Canada, Inghilterra, Unione Sovietica, Cina. Infine, viene sottolineata l'enorme forza morale e di coesione delle diverse famiglie Pontecorvo che hanno affrontato e superato le tragedie rappresentate dal regime nazifascista, dalla guerra e dalla emigrazione forzata. I loro legami affettivi li hanno tenuti spiritualmente uniti, nonostante la tempesta che li ha dispersi per il mondo.

L'intelligenza, la semplicità, l'eleganza e la grande fantasia costituiscono la cifra stilistica dell'uomo e dello scienziato Bruno Pontecorvo. La sua opera in fisica è stata sempre caratterizzata dalla forza delle sue anticipazioni di una profondità e originalità straordinarie. Le sue doti gli hanno permesso di individuare delle problematiche, prima che fossero mature per i fisici dell’epoca, a un livello impensabile.

Gli americani si sono sempre opposti, per motivi politici, all'assegnazione del Premio Nobel a Bruno Pontecorvo anche se, come dichiarano i due Nobel Jack Steinberger e Art McDonald, "tra i contributi di Bruno alla fisica dei neutrini, c'era solo l'imbarazzo della scelta". E qui basta ricordare l'ipotesi di universalità muone-elettrone, l'ipotesi dell'esistenza di due diversi neutrini, la predizione delle oscillazioni di neutrini massivi.

Come anticipato, il primo settembre 1950, all'alba della guerra fredda, il fisico nucleare Bruno Pontecorvo scompare improvvisamente. La sua fuga crea un vero e proprio terremoto politico: per alcuni si trattava di una spia destinata a rivelare ai russi importanti segreti atomici, per altri si trattava di un comunista limpido, che scelse l'URSS per mettere il suo genio al servizio di scopi pacifici e progressisti. Le indagini di Simone Turchetti negli archivi dei servizi segreti (Il caso Pontecorvo, Sironi editore, Milano 2007), non portano elementi concreti a favore della prima ipotesi. Frank Close nel suo libro "Bruno Pontecorvo The Half-Life" del 2015, avanza di nuovo l'ipotesi che vede Pontecorvo spia della ex Unione Sovietica. Il suo nome però non appare mai nei vari testi consultati da Close riguardanti nomi di spie sovietiche, né viene mai citato un suo discorso che testimoni di una sua attività politica in Unione Sovietica. Le supposizioni di Close non risultano dunque avvalorate da alcun documento.

Ricorda invece il fratello Gillo che "per Bruno l'Unione Sovietica era un paese proteso verso l'avvenire da cui poteva nascere una società senza classi: l'uomo nuovo". Dice inoltre J. Steinberger: "sono sicuro che i Russi non avevano bisogno di Pontecorvo per costruire un'altra bomba, ma soprattutto vedo in lui una persona che aveva fondamenti morali tali da impedirgli di fare la spia". A conferma di questo, nel docu-film Fermi sostiene che il contributo di Pontecorvo alle ricerche sovietiche verrà solo dalla sua competenza scientifica in genere. Le varie testimonianze raccolte e il suo spessore morale depongono quindi decisamente in favore dell'ipotesi che Pontecorvo scelse l'URSS per mettere la sua intelligenza di scienziato al servizio di una società comunista in cui credeva profondamente. A Close e Turchetti sarebbe bastato guardare negli occhi "buoni" di Bruno, come diceva sua madre, per capire quanto erano in errore nel loro tentativo di fare di lui una spia al soldo dei sovietici.

Il documentario infine ricorda che Bruno Pontecorvo è anche stato un grande sportivo e un campione di tennis. Aveva vinto numerosi tornei in Italia e Canada e riuscì a far costruire a Dubna dei campi da tennis. In Unione Sovietica giocava in prima categoria. Sicuramente, se Bruno nel 1966 avesse incontrato il regista Antonioni, magari per mezzo del fratello Gillo, avrebbe tentato di convincerlo a far giocare lui nella partita di tennis senza pallina del finale di Blow-up, utilizzando magari neutrini come palline invisibili. Nella figura disegnata da Misha Bilenky, Bruno Pontecorvo gioca a tennis con i neutrini.

Pontecorvo, malato del morbo di Parkinson, morì a Dubna nel 1993. Anche dopo la morte non ebbe una sola patria. Per sua volontà metà delle ceneri furono sepolte nel cimitero di Dubna e l’altra metà riposano nel cimitero acattolico di Roma al Testaccio.