I fisici millennial nell'Europa del COVID-19

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 A. Marino    26-03-2020     Leggi in PDF

Decimo giorno di lockdown, tra le misure prese dal Governo per arginare la diffusione del COVID-19 chiusura delle scuole, delle università e limitazioni agli spostamenti su tutto il territorio nazionale a meno che non siano motivati da ragioni di lavoro strettamente necessarie. Sono dieci giorni, e in alcune regioni ancora di più, che si è fermato il mondo della scuola, dell’accademia e della ricerca.

Le giornate trascorrono per la maggior parte di noi chiusi in casa, cercando di ristabilire una quotidianità e nuove modalità per vivere questa quarantena. È il boom dei social media, che ci consentono di rimanere in contatto con gli altri. Delle riunioni online, spesso in videochiamata, per curare la rete delle nostre collaborazioni, dei progetti internazionali. È una dimensione del tutto nuova, che spesso lascia sorpresi, perché ci consente di curare aspetti del nostro lavoro che tra burocrazia e attività didattiche, di laboratorio, non abbiamo tempo di coltivare.

L'Italia è stato il primo paese europeo a dover affrontare l'emergenza, ma da pochi giorni anche tutti gli altri paesi hanno dovuto rapidamente prendere provvedimenti. Nella maggior parte con la chiusura dei collegamenti aerei, o persino delle frontiere. E così un gran numero di giovani dottorandi italiani si trovano ora a vivere l'emergenza in un altro paese. La maggior parte di loro fa parte della Generazione Y. Sono anche detti "millennial", ovvero coloro che hanno raggiunto l’età adulta nel 21esimo secolo. Alcuni di loro non ricordano un mondo dove non siano presenti internet o dispositivi tecnologici. Sono cresciuti con la crisi economica degli anni 2000, e sanno che nella maggior parte dei casi fare ricerca scientifica vorrà dire spostarsi all'estero.

"Da sismologa sono abituata a trattare il rischio sismico e a riflettere su come ogni cittadino possa prepararsi e rispondere all'emergenza con azioni concrete, prima, durante, e dopo l'evento", la risposta di Marina Corradini, ricercatrice a contratto presso l'Institut de physique du globe de Paris del CNRS, alla mia domanda su come stia vivendo l'emergenza. Marina aggiunge "gli individui percepiscono la minaccia di un evento solo in base alla sua immediatezza, alla probabilità di realizzarsi, e alle implicazioni personali. Se la minaccia non viene percepita come abbastanza grave, non stimolerà le precauzioni", che sia un terremoto o una pandemia. La situazione in Francia somiglia molto a quella dell'Italia di una settimana fa. I casi di contagio aumentano, il Ministère de la Santé invita al distanziamento sociale. Le accademie e i centri di ricerca hanno attivato lo smartworking.

La Spagna vive la medesima situazione. Didattica a distanza, smartworking da casa, ed accesso autorizzato alle strutture solo per casi di comprovata rilevanza. "L'organizzazione è ancora in via di definizione. In un primo momento sembrava dovesse chiudere solo la didattica frontale, ma dopo l'annuncio di del Presidente del Governo Pedro Sánchez abbiamo capito che anche l'attività di ricerca è sospesa", ci riferisce Mattia Ostinato, dottorando presso l'Universitat de Barcelona.

E così in quasi tutti i paesi dell'Unione Europea. L'Italia è ormai il case study da cui partire per poter prendere opportuni provvedimenti, come fatto in Germania, in Belgio e in tanti altri paesi.

Caso speciale è ancora una volta il Regno Unito. In ritardo rispetto agli altri paesi, Boris Johnson annuncia finalmente dei provvedimenti. "L'attività didattica frontale è sospesa, le lezioni, così come gli esami, hanno luogo online. Le strutture universitarie devono decidere autonomamente come regolarsi, la maggior parte di esse sono ancora aperte, come durante le vacanze di Natale, chi deve svolgere attività di ricerca ad altissima priorità ha ancora accesso ai laboratori", ci racconta Michela Florinda Picardi, postdoc al Dipartimento di Fisica del King's College London.

Sono tanti i giovani ricercatori, dottorandi e assegnisti, italiani in Europa. Fanno parte del paese, delle eccellenze che abbiamo formato e che perseguono nel loro corso di formazione. Per la generazione dei millennial si aggiunge una sfida, che non è solo integrarsi in contesti diversi da quelli di origine, ma di farlo in una situazione distopica, un film di fantascienza che mai avremmo pensato di vivere al di fuori del grande schermo.