Quando nasce un pianeta

L'immagine a destra mostra un ingrandimento della regione interna del disco intorno alla stella AB Aurigae. La stella non è visibile perché la sua luce è stata soppressa dallo strumento SPHERE per evidenziare solo il debole disco che la circonda. Il cerchio bianco indica il punto in cui si sta formando un pianeta. Come riferimento della scala spaziale, il cerchio blu mostra la dimensione dell'orbita di Nettuno (raggio di 4.5 miliardi di km). Crediti: ESO/Boccaletti et al.
Nel 1995, Michel Mayor e Didier Queloz pubblicarono su Nature una Letter dal titolo “A Jupiter-mass companion to a solar-type star”. Era la prima scoperta di un pianeta orbitante intorno a un’altra stella. Una svolta così epocale che fruttò ai due scienziati il Premio Nobel per la Fisica nel 2019. Da allora, migliaia di pianeti extrasolari sono stati identificati, dimostrando che i sistemi planetari sono spesso presenti intorno alle stelle, e che il nostro sistema solare non ha nulla di speciale (se non il piccolo particolare di ospitare la nostra vita sulla Terra).
I modelli teorici suggeriscono che la formazione dei pianeti avvenga in un denso disco protoplanetario di gas e polveri intorno alla stella durante le sue prime fasi di vita. A causa di effetti gravitazionali e idrodinamici, nel disco si dovrebbero creare “addensamenti” di materia dove la formazione di pianeti potrebbe svilupparsi tramite processi di accrescimento e aggregazione della materia circostante. Come per tutti i modelli, sono necessarie evidenze sperimentali per confermare questo scenario teorico. Tuttavia, le piccolissime dimensioni angolari proiettate nel cielo (< 0.1”) e l’abbagliante luce della stella al centro del disco rendono le osservazioni di queste strutture estremamente difficili.
Solo recentemente, è stato possibile identificare un possibile pianeta in formazione intorno a una stella chiamata AB Aurigae e trovare conferme di alcune previsioni teoriche. Il risultato è stato ottenuto da Boccaletti et al. (2020) con SPHERE, uno strumento del Very Large Telescope (VLT) dell’European Southern Observatory (ESO, Paranal, Cile) in grado di fornire immagini ad altissima risoluzione angolare e al tempo stesso di sopprimere la luce della stella, permettendo così di esplorare in dettaglio la struttura del disco. In particolare, gli autori hanno identificato una struttura spiraleggiante collegata a un oggetto puntiforme che è proprio il tipo di sistema previsto dai modelli durante il processo di accrescimento di materia che alimenta un protopianeta. La scelta di osservare una stella giovane come AB Aurigae è stata cruciale per esplorare la presenza di pianeti in formazione. Inoltre, precedenti osservazioni dell’emissione rotazionale della molecola del CO (J = 2-1) effettuate con ALMA (Atacama Large Millimeter/submillimeter Array) avevano suggerito la presenza di due bracci a spirale nella zona interna del disco.
Grazie a SPHERE, è stato possibile ottenere una mappa nel vicino infrarosso (λ=1.6 µm) molto dettagliata del disco fino alle regioni più interne. A queste lunghezze d’onda, la radiazione osservata da SPHERE è dominata dalla luce stellare diffusa dai grani di polvere presenti nella struttura. Il risultato più eclatante è stato evidenziare con chiarezza l’oggetto puntiforme a cui i bracci a spirale sono connessi, e che è stato interpretato come un pianeta in formazione. Sono proprio questi bracci che permettono al gas e alla polvere del disco di accumularsi sul protopianeta e farlo crescere. Per questo oggetto è stata stimata una massa compresa tra 3 e 13 masse gioviane (MGiove = 1.9 x 1027 kg), indicando così che siamo testimoni della formazione di un pianeta notevolmente più grande di Giove, che è il maggiore pianeta del nostro sistema solare.