Italiani Nobel Minds: la nuova miniserie di RAI Storia comincia in via Panisperna

Quattro documentari, sette Premi Nobel. È la recente produzione "Nobel Minds" di RAI Storia: quattro puntate da 55 minuti dedicate a una rosa di eminenti studiosi italiani, che per le proprie ricerche hanno ottenuto il massimo riconoscimento internazionale. La miniserie è stata trasmessa all'interno del programma televisivo "Italiani", condotto da Paolo Mieli (in onda il martedì alle 21:10, RAI Storia - canale 54), dal 23 giugno al 14 luglio. Le puntate, per chi le desiderasse vedere o rivedere, sono disponibili su RAI Play.
Tra i vari nomi possibili, RAI Storia ha scelto sette studiosi di ambiti scientifici: i Premi Nobel per la Fisica Enrico Fermi (1938) ed Emilio Segrè (1959), cui è dedicata la prima puntata; i Nobel per la Medicina Camillo Golgi (1906) e Daniel Bovet (1957), Salvatore Luria (1969) e Renato Dulbecco (1975); l'unico Nobel italiano per l'Economia Franco Modigliani (1985), che chiude la serie.
Per meglio inquadrare la scelta di RAI Storia, notiamo che a oggi sono 20 gli italiani insigniti del riconoscimento "per i massimi benefici arrecati al genere umano": sei per la fisiologia o medicina, sei per la letteratura, cinque per la fisica, uno per l’economia, uno per la chimica, uno per la pace. Tra questi, sette hanno realizzato le proprie scoperte negli Stati Uniti, compresi Segrè, Luria, Dulbecco e Modigliani. Due sono le "menti da Nobel" al femminile: Grazia Deledda (Letteratura 1926) e Rita Levi-Montalcini (Medicina 1986).
Una partenza sotto l’insegna della fisica, dunque, per la serie "Nobel Minds". La puntata dedicata a Fermi e Segrè, diretta da Keti Riccardi, mostra un ricco e poco noto repertorio di video d'epoca, intrecciato a testimonianze e interviste appositamente raccolte per il documentario. Accanto agli storici della fisica e della scienza Giovanni Battimelli, Miriam Focaccia e Adele La Rana e alla divulgatrice scientifica Gabriella Greison, preziosa è la presenza di Gabriella Sacchetti, nipote italiana di Fermi, figlia di sua sorella Maria. Appare inoltre significativa la testimonianza di Barry Barish (Nobel per la Fisica 2017), che era studente a Berkeley proprio negli anni in cui nei laboratori di quell'università Emilio Segrè realizzava gli esperimenti che gli avrebbero valso il Nobel, condiviso con Owen Chamberlain, per la scoperta dell’antiprotone.
Va notata la diversa "italianità" dei Premi Nobel a Enrico Fermi e a Emilio Segrè. Quest'ultimo ricevette il Nobel da cittadino statunitense per una scoperta conseguita in un laboratorio americano, come già accennato. Le scoperte che portarono il riconoscimento a Fermi – la radioattività artificiale indotta da neutroni e l'efficacia dei neutroni rallentati a indurre reazioni nucleari – furono invece da lui realizzate nel 1934 al Regio Istituto Fisico di via Panisperna, a Roma. Si trattò quindi di un Nobel nato e maturato in Italia.
Le radici comuni dei due scienziati affondano nei gloriosi anni di via Panisperna. Il celebre edificio che ospitava il Regio Istituto Fisico assume quindi un grande rilievo nel documentario e viene mostrato non solo com’era negli anni '30, attraverso filmati d’epoca, ma anche come appare oggi, dopo la sua recente inaugurazione nell’ottobre 2019 come sede del Centro Fermi e dell'annesso Museo.
Pregevole per molti aspetti, il documentario su Fermi e Segrè non si avvale però dei più attuali studi storici sui due fisici. Molteplici sono stati negli anni i documentari RAI sui ricercatori di via Panisperna, ma continua a mancare una narrazione dal respiro storico più ampio e meno aneddotico. Detto questo, ci auguriamo di cuore che RAI Storia continui a portare, con crescente successo, la storia della fisica e della scienza nelle case degli Italiani.