Ricerca, tecnologia e disuguaglianze

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 E. Coccia    28-07-2021     Leggi in PDF

"È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l'eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana ...". Recita così l'art. 3 della nostra Costituzione.

Forse è tempo di fare alcune riflessioni su come gli investimenti in ricerca e tecnologia possono portare a una reale riduzione di quegli "ostacoli di ordine economico e sociale" citati nella Costituzione.

Il valore prodotto dalla ricerca scientifica e tecnologica è divenuto il fattore dominante nella produzione economica. Mentre nel 1975 la proprietà intellettuale (IP), di cui i brevetti tecnologici costituiscono una componente importante, rappresentava il 17% del valore delle compagnie quotate nello Standard & Poor's 500, nel 2015 l'IP è arrivata a rappresentare l'84% del loro valore.

Tuttavia, accanto agli innegabili benefici già ottenuti, l'impatto sulle disuguaglianze degli investimenti in ricerca scientifica e sviluppo tecnologico si è dimostrato scarso.

Il mondo della ricerca potrebbe quindi interrogarsi sul proprio ruolo nella produzione e distribuzione della conoscenza, dunque della ricchezza, e su quali accorgimenti e procedure possono contribuire a renderne più ampia la diffusione, e dunque portare a una riduzione delle disuguaglianze.

È forte il timore che l’aumento delle disuguaglianze in atto possa mettere in pericolo la stabilità stessa dei sistemi democratici, come accadde nel secolo scorso quando i picchi di disuguaglianza economica raggiunti nei "ruggenti" anni '20 sfociarono nella grande depressione e nell'istaurazione di regimi totalitari in molti paesi industrializzati.

Per le università e le istituzioni di ricerca curiosity driven, fattori di natura squisitamente scientifica sono alla base delle decisioni di investimenti in ricerca, ed è fondamentale che così continui a essere. Inoltre, per uno scienziato, soprattutto per chi è impegnato nella ricerca di base, considerazioni di impatto sociale possono creare perplessità e persino diffidenza, in quanto esulano della propria formazione e sono in generale considerate lontane dagli obiettivi del proprio lavoro. Tuttavia, alcuni atenei, a fronte di crescenti partnership con il settore privato nel campo della ricerca tecnologica, iniziano a riflettere su come strutturare le proprie attività di ricerca e sviluppo per incorporare nelle decisioni strategiche anche una valutazione degli impatti sociali, tenendo conto anche delle fasce di cittadinanza spesso escluse dai benefici dello sviluppo scientifico e tecnologico.

Il 15 ottobre 2018, nell'investire un miliardo di dollari per la creazione di un hub interdisciplinare sull’intelligenza artificiale, il Massachusetts Institute of Technology ha stabilito anche linee guida etiche e un forum per discutere e valutare l'impatto sociale della ricerca. Ciò è motivato dal timore che lo sviluppo tecnologico "è sempre più in grado di alterare la struttura della società e – lasciato senza controllo – potrebbe danneggiare più persone di quante non ne aiuti".

Qualcosa si muove anche in Italia e, negli ultimi anni, diverse istituzioni universitarie hanno aderito a nuove reti di coordinamento, sensibili al tema della responsabilità sociale.

La RUS – Rete delle Università per lo Sviluppo Sostenibile – promossa dalla Conferenza dei Rettori delle Università Italiane da luglio 2015, è la prima esperienza italiana di coordinamento e condivisione tra tutti gli atenei impegnati sui temi della sostenibilità ambientale e della responsabilità sociale.

L'Alleanza Italiana per lo Sviluppo Sostenibile, nata il 3 febbraio del 2016, cui pure aderiscono molti atenei, si propone di far crescere la consapevolezza dell'importanza di realizzare gli obiettivi di sviluppo sostenibile dell'Agenda 2030 approvata il 25 settembre 2015 dalle Nazioni Unite, definita come un piano di azione globale per le persone, il pianeta e la prosperità. Per "sviluppo sostenibile" si intende lo sviluppo che consente alla generazione presente di soddisfare i propri bisogni senza compromettere la possibilità delle generazioni future di soddisfare i propri.

Più specificamente sul tema della riduzione delle disuguaglianze, il Forum Disuguaglianze Diversità , creato nel 2018 attraverso l'incontro e la collaborazione tra il mondo della ricerca e quello della cittadinanza attiva, si propone di costruire un luogo di pensiero e confronto per informare, discutere e disegnare politiche pubbliche e azioni collettive che riducano le disuguaglianze economiche, sociali e di riconoscimento e favoriscano il pieno sviluppo di ogni persona.

In definitiva, là dove le loro ricerche fanno prevedere applicazioni, anche istituzioni curiosity driven potrebbero strutturare le proprie attività introducendo due funzioni complementari: un processo di due diligence (cioè di previsione a partire dallo studio dei dati disponibili) dell'impatto sociale e una partecipazione sociale formalizzata.

Un patrimonio di IP che sia a disposizione di un istituto di ricerca pubblico è un potente mezzo per indirizzare lo sviluppo economico verso la riduzione di diseguaglianze sociali. Un esempio molto studiato (e molto citato) a riguardo è il ruolo che il Fraunhofer-Gesellschaft ha avuto in Germania per lo sviluppo delle piccole e medie imprese e per la riduzione delle differenze regionali nello sviluppo economico.

Si tratta di una sfida impegnativa e piena di incertezze, ma è una sfida che può arricchire di un senso ancora più profondo la nostra professione di ricercatori.


Eugenio Coccia
Vice Presidente SIF


Eugenio Coccia – È professore ordinario di fisica e Rettore del Gran Sasso Science Institute de L'Aquila. È associato di ricerca all'INFN ed è Vice Presidente della SIF.