Fisica, architettura ed economia alla Biennale di Venezia

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 E. Coccia    28-09-2021     Leggi in PDF

"Quando si prende una singola cosa in natura, la si trova collegata al resto dell'Universo". Mi è tornata in mente questa frase del naturalista John Muir considerando quanto è recentemente accaduto nel Padiglione Italia della Biennale di Architettura di Venezia. Nella settimana del 7 settembre scorso, nell'ambito della mostra "Comunità Resilienti", fisici, architetti ed economisti hanno dialogato sulle opportunità che possono crearsi in Sardegna, nel mezzo della Barbagia, grazie a un nuovo grande progetto internazionale per osservare le onde gravitazionali provenienti da tutto l'Universo: l'Einstein Telescope (ET). L'Einstein Telescope è stato recentemente selezionato a livello Europeo come una delle infrastrutture di ricerca da realizzare nei prossimi anni, e l’Italia ha proposto la sua candidatura, avanzata dal Ministero dell’Università e dalla Ricerca e sostenuta della Regione Sardegna.

Il progetto è capitanato dall'Istituto Nazionale di Fisica Nucleare e si pone come erede delle attuali antenne interferometriche Virgo (vicino Pisa) e LIGO negli USA, protagoniste dal 2015 della scoperta e dello studio delle onde gravitazionali. Come noto, gli effetti delle onde gravitazionali sono piccolissimi: si tratta di misurare variazioni della distanza tra gli specchi di miliardesimi di miliardesimi di metro. Ecco perché ET, previsto come un interferometro triangolare di 10 km di lato e di sensibilità senza precedenti, ha bisogno di essere installato su un terreno particolarmente silenzioso. Per ascoltare le vibrazioni cosmiche occorre il silenzio della Terra.

Qui entra in campo la Sardegna, il territorio europeo con il più basso livello di sismicità. Inoltre, poiché occorre eliminare anche il rumore indotto dai fattori atmosferici e dagli effetti di superficie, si pensa di realizzare ET come infrastruttura sotterranea. Ed ecco emergere come sito ideale una miniera ormai in disuso, quella di Sos Enattos, nella Barbagia. La costruzione di un grande laboratorio porterebbe a rivitalizzare le competenze della comunità che vive intorno alla miniera dismessa e darebbe uno sviluppo al territorio nel segno dell'innovazione e della mobilità di capitale umano qualificato. Qui il progetto si fa davvero multidisciplinare, perché il centro di ricerca dovrà integrarsi in un ambiente naturale incontaminato. È una sfida per gli architetti progettare spazi della conoscenza secondo nuovi canoni di sostenibilità ambientale. È una sfida anche per gli economisti studiare l'impatto socioeconomico dell'arrivo di "Einstein in Barbagia". Il territorio si trasformerà per accogliere questo generatore di innovazione, consentendo alla conoscenza e alle comunità di evolvere assieme.

Certamente, dicono gli scienziati sociali, questa operazione genererà resilienza nel territorio. Nell'accezione scientifica tradizionale, la resilienza è la proprietà di un materiale di resistere agli urti senza spezzarsi o, anche, di riassumere la forma originaria una volta sottoposto a una deformazione. Oggi il termine viene applicato più spesso ai territori e alle comunità colpite da crisi economica o eventi catastrofici: secondo la definizione della Treccani, è la "capacità di resistere e di reagire di fronte a difficoltà, avversità, eventi negativi". È quanto sta succedendo, per esempio, con la ricostruzione dell'Aquila dopo il terremoto del 2009. Nel capoluogo abruzzese si sta costruendo una moderna città europea della conoscenza. Ricostruire vuol dire infatti costruire, se si vuole pensare al futuro. E la resilienza dei territori è proprio il tema centrale di "Storie di un minuto", la sezione del Padiglione Italia alla Biennale gestita da Action Aid e dal Gran Sasso Science Institute. Stimolare la resilienza delle comunità colpite è cruciale, così da garantire in futuro una risposta collettiva a fenomeni che, in un territorio come quello italiano, sono tutt’altro che eccezionali. Naturalmente questo vuol dire portare in quelle aree la banda larga e i servizi essenziali, valorizzare il patrimonio ambientale, storico e artistico, rendere i territori attrattivi per una nuova imprenditoria giovanile. Vale la pena lavorare per dare alle aree interne del nostro Paese un ruolo centrale, renderle sostenibili e farne un esempio di riduzione delle diseguaglianze.

Terre silenti, come la Sardegna, e terre mosse, come il Centro Italia, unite dal filo della conoscenza, dell'arte, dell'innovazione. Insomma, prendi un esperimento di onde gravitazionali e trovi collegato un mondo: l'etica e l'estetica, opportunità economiche, sociali e ambientali. In fondo è l'unità della cultura. E l'Italia, per varietà e ricchezza, continua a offrire esempi straordinari.


Eugenio Coccia – È professore ordinario di fisica e Rettore del Gran Sasso Science Institute de L'Aquila. È associato di ricerca all'INFN ed è Vice Presidente della SIF.