Per non dimenticare: Vito e Edoardo Volterra

Il 27 gennaio ricorre ogni anno la Giornata della Memoria.
Non dimenticare è doveroso. Ricordare e raccontare sono atti altrettanto importanti e necessari. Nel novembre del 1938, in Italia, vennero promulgate le leggi razziali: iniziò allora la fase del "censimento" dei cittadini italiani ebrei che avrebbe portato a tutta una serie di vergognose discriminazioni e privazioni e che, per molti, culminarono nella tragica deportazione verso campi di lavoro e sterminio. Un censimento che iniziò proprio dalle scuole e dalle università, oltre che dalle accademie, già a partire dall'agosto del '38 – prima dunque della promulgazione della legge! – per individuare e perseguire chi sarebbe stato riconosciuto appartenente alla razza ebraica. I primi a essere colpiti furono proprio i professori e gli studenti, e a questa scelta venne dato grande risalto simbolico dal governo fascista.
Nello specifico, la cacciata dei professori ebrei dalle università ebbe un effetto devastante sull'intera cultura italiana: innanzitutto in considerazione dell'importanza dei contributi di questi studiosi nelle varie discipline, di cui erano autorevoli esponenti. Poi per il fatto di rappresentare il sei per cento della "popolazione" accademica, con punte del dieci in atenei quali Bologna o Pavia (la percentuale della popolazione italiana di origini ebraiche rappresentava invece l'uno per mille).
Si mise dunque in moto la macchina burocratica: ogni docente e ogni accademico era chiamato a riempire schede e questionari sull’origine della propria famiglia e sul proprio orientamento religioso. Quello che colpì gli stessi diretti interessati fu la generale indifferenza e la mancanza di reazioni, tanto collettive quanto individuali, da parte dei colleghi non ebrei. Se non provenienti dall'estero o con rarissime eccezioni dall'Italia. Ciò provocò un fortissimo senso di solitudine e di abbandono in chi veniva improvvisamente, ingiustamente e coercitivamente, privato dei propri diritti civili, cacciato dalle scuole, dalle università, dal lavoro, dalle accademie, oltre che da tutte quelle strutture fondamentali per lo studio e la ricerca, come le biblioteche o i laboratori, gli osservatori, l'editoria scolastica e scientifica. Quell'indifferenza, quel silenzio si sono poi rivelati pesanti anche per l'antifascismo intellettuale del dopoguerra, allorquando, in nome della pacificazione nazionale, si scelse di preferire una blanda epurazione. Tanto che alcuni intellettuali ebrei, cacciati e riparati all'estero, decisero di non tornare: è il caso del filosofo Rodolfo Mondolfo, o del matematico Beppo Levi.
Altri invece ritornano. E tornano a essere pienamente protagonisti. Come Edoardo Volterra. Edoardo e il padre Vito, l'illustre fisico-matematico, tanto famoso da essere chiamato all'estero "Mr. Italian Science", appartenevano a una famiglia di origine ebraica: nella scheda che dovettero compilare, entrambi sottolinearono come le loro rispettive famiglie, da parte di madre e di padre, risiedessero sul territorio italiano da tempi immemori. Erano dunque italiani, italiani che professavano la religione israelitica. E patrioti: Vito Volterra era Senatore e, allo scoppio della I guerra mondiale, si arruolò volontario. All'epoca aveva 55 anni!
Entrambi vennero cancellati dalle accademie cui appartenevano. Edoardo perse la cattedra di Istituzioni di Diritto Romano che teneva a Bologna. Vito era già stato messo a riposo, per motivi ideologici e politici, allorquando si rifiutò di prestare giuramento al regime fascista nel 1931. Con l'entrata in vigore delle leggi razziali il suo nome sparì dagli elenchi dei soci, per esempio, dell’Accademia delle Scienze dell’Istituto di Bologna, della Società Italiana di Fisica, dell'Unione Matematica Italiana, del Circolo Matematico di Palermo e della Società Italiana per il Progresso delle Scienze. Altre accademie, tra cui quella dei Lincei e quella dei XL, lo avevano già espulso nel 1933, sempre per il mancato giuramento di fedeltà al regime chiesto allora pure ai soci delle istituzioni scientifiche. Benché ignorato in patria, anzi vessato da ritorsioni e messo sotto sorveglianza, Vito continuò un'intensa attività scientifica a livello internazionale. Non venne data neppure pubblica notizia della sua morte, avvenuta a Roma l'11 ottobre del 1940. Solo la Pontificia Accademia delle Scienze, grazie alla extraterritorialità del Vaticano, di cui era diventato socio nel 1937, ne tenne una, seppur cauta, commemorazione.
Edoardo, invece, attraverserà tutto il difficile periodo della guerra, prima ad Alessandria d’Egitto, poi a Parigi, quindi di nuovo in Italia. Esponente attivissimo della lotta al regime, fu tra i protagonisti della costituzione del Partito d'Azione e partecipò in prima linea alla Resistenza. Nel novembre del 1944, il Comitato di Liberazione Nazionale di Bologna lo nominò prorettore dell’Università; venne poi eletto rettore il 19 giugno 1945, allorquando il corpo accademico venne convocato, per la prima volta dopo il ventennio, a votare liberamente l'elezione del rettore. Il "Rettore della Liberazione", come sarà ricordato, fonderà saldamente il proprio mandato sui valori della lotta di liberazione nazionale e sull'importanza della pace e del ruolo cruciale della scienza per la costruzione di un mondo scientifico internazionale "che si eleva al di sopra di ogni contrasto di natura politica o nazionalistica. per realizzare quell'unione dei popoli, auspicata da secoli, senza la quale l'umanità non ha speranza di una vita di pace, di elezione morale, sociale e materiale, ma è condannata all'incubo continuo ed assillante di guerra, di distruzione, di morte".
Il 28 gennaio scorso, nella Sala Ulisse dell'Accademia delle Scienze di Bologna, si è tenuta una celebrazione della Giornata della Memoria con due importanti relazioni: quella di Annalisa Capristo (Centro Studi Americani) su "Le leggi razziali in Italia: le Accademie e le Università" e quella di Raffaella Simili (Accademia delle Scienze di Bologna) su "L'Accademia: dalle leggi razziali al rettore della ricostruzione Edoardo Volterra". Una significativa celebrazione che si è conclusa con il bel docufilm "Edoardo Volterra. La vita come dovere, lo studio come passione", scritto e diretto da Andreina Di Brino e Marco Visalberghi (2018).
Per non dimenticare!
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