JET raggiunge il nuovo record di energia da fusione

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 F. Romanelli    28-02-2022     Leggi in PDF
Crediti: UKAEA

La fusione è la fonte che alimenta le stelle. Nel processo di fusione, due nuclei di isotopi dell'idrogeno vengono a contatto e fondono producendo energia. I nuclei sono carichi e si respingono, e per farli fondere i reagenti devono essere riscaldati fino a temperature elevate, circa dieci volte la temperatura del Sole.

Nei giorni scorsi JET, il maggior esperimento di fusione a confinamento magnetico in operazione, ha annunciato di aver prodotto energia da fusione in quantità considerevole: 59MJ, più del doppio di quanto era stato prodotto precedentemente. JET è situato presso i laboratori UKAEA di Culham (Oxfordshire), ed è utilizzato dal consorzio EUROfusion, formato dai laboratori europei che lavorano nella fusione. I risultati annunciati sono significativi per il fatto che la produzione di energia è stata ottenuta in condizioni stazionarie e simili a quelle che si avranno sul reattore sperimentale ITER, in costruzione nel sud della Francia, a Cadarache, e finanziato da Unione Europea, Cina, Corea, Giappone, India, Russia e Stati Uniti.

Dieci anni fa la macchina è stata modificata rimpiazzando i materiali di cui era fatta la camera di reazione (composti di carbonio) con una combinazione di berillio e tungsteno, la stessa che verrà utilizzata in ITER. Il carbonio intrappola il trizio, e questo si accumula nella macchina richiedendo frequenti interruzioni delle operazioni per estrarre il trizio. Questo non succede con l’uso di materiali metallici come berillio e tungsteno: tuttavia, anche una piccolissima frazione di tungsteno che vada a finire nel gas dei reagenti produce delle perdite radiative inaccettabili. Di conseguenza, operare con tungsteno richiede un ottimo controllo dell’interazione tra il gas dei reagenti e la parete. Nel corso di questi dieci anni, le prestazioni della macchina sono state progressivamente migliorate fino al raggiungimento dei 59MJ di energia. I risultati di JET ci dicono che su ITER sarà più facile ottenere condizioni di buon confinamento del plasma, che potremo operare facilmente anche con pareti metalliche e che potremo sfruttare nuove tecniche per riscaldare il gas dei reagenti e portarlo alle temperature che servono per la fusione.

Quando avremo elettricità da fusione nella rete elettrica? Il prossimo obiettivo è il raggiungimento di condizioni in cui produciamo più energia di quanta ne mettiamo dentro la camera di reazione. Questo obiettivo verrà raggiunto da ITER. In parallelo EUROfusion sta progettando un reattore dimostrativo, DEMO, che dovrebbe produrre energia elettrica da immettere in rete attorno al 2050. Per costruire DEMO occorre superare alcune sfide: una di queste, forse la più importante, la affronteremo a Frascati con DTT (Divertor Tokamak Test facility), un esperimento costruito da un consorzio composto da ENEA, ENI, CNR, INFN, CREATE, RFX, Politecnico di Torino e le Università di Milano Bicocca, della Tuscia e di Roma Tor Vergata. DTT vuole trovare soluzioni innovative per l’estrazione dell’enorme quantità di calore generato nel reattore a fusione. Questo calore esce dal gas dei reagenti e finisce su una componente chiamata "divertore", dove i carichi termici possono raggiungere alcune decine di MW/m2 – lo stesso carico termico a cui sarebbero sottoposte stando sulla superficie del Sole! La ricerca condotta su DTT permetterà di scegliere la soluzione migliore per DEMO.


Francesco Romanelli – Professor of Physics of Nuclear Energy at the University of Rome Tor Vergata, Italy, he directed the activities in physics of magnetic confinement fusion at ENEA from 1996 to 2006 and the JET experiment, the largest magnetic fusion facility in operation from 2006 to 2014. He was the leading author of the first edition of the European Roadmap to fusion electricity in 2012.