La perdita di lucentezza del finto oro del Cimabue

Numerosi pittori dell'arte sacra italiana del Medioevo esplorarono nuove strategie per la creazione di colori "simil oro" da poter essere impiegati in alternativa alle più costose dorature, costituite per lo più da oro metallico in foglia. Si annoverano tra questi artisti Cimabue (1240 ca.–1302) e Pietro Lorenzetti (1280/85 ca. – 1348 ca.), i quali fecero uso in alcuni dettagli decorativi di loro celebri dipinti di un "finto oro" fatto di argento metallico e orpimento, un pigmento giallo brillante appartenente alla classe dei solfuri d'arsenico e con formula cristallochimica As2S3.
Eppure, i dettagli in "finto oro" non sono immuni all’azione del tempo come quelli realizzati in oro vero, rivelando oggi un serio inscurimento che ha fatto perder loro lucentezza. Questo fenomeno è chiaramente visibile, per esempio, in varie decorazioni del trono del dipinto a tempera su tavola "Maestà di Santa Maria dei Servi" del Cimabue, conservato presso l’omonima Basilica di Bologna. Per contribuire all'ottimizzazione delle strategie di conservazione preventiva del finto oro della Maestà, diventa quindi rilevante cercare risposta a due importanti domande. Qual è il processo chimico responsabile dell'inscurimento? Quali sono i fattori ambientali che favoriscono il viraggio di colore ?
In un articolo recentemente pubblicato sul Journal of Analytical Atomic Spectrometry, abbiamo risposto a tali quesiti, integrando lo studio di un paio di microframmenti campionati dalle decorazioni del trono in finto oro della Maestà con quello di una serie di provini pittorici a tempera, preparati in laboratorio impiegando una miscela di orpimento e argento metallico (simile a quella identificata nel finto oro inscurito del dipinto) e sottoposti a invecchiamento artificiale in condizioni controllate di luce, umidità e temperatura.
Le analisi su questi campioni sono state effettuate con metodi di microspettroscopia vibrazionale in laboratorio (FT-IR e Raman) e tecniche di assorbimento, fluorescenza e diffrazione di raggi X eseguite presso l'infrastruttura europea di sincrotrone ESRF a Grenoble, in Francia, e il sincrotrone PETRA III presso il laboratorio DESY ad Amburgo, in Germania. Nello specifico, le microanalisi ai raggi X hanno evidenziato che l’inscurimento è determinato dalla presenza di solfuro d'argento (α-Ag2S), un composto nero risultante della reazione tra l'orpimento e l'argento metallico. Inoltre, la trasformazione chimica, favorita dall’esposizione all'umidità e/o luce, è accompagnata dalla formazione di altri composti di degrado biancastri, quali solfati e arseniati, entrambi derivanti dall'ossidazione dell'orpimento.
L'indagine dei microframmenti della Maestà e dei provini pittorici, eseguita con tecniche analitiche strumentali complementari e contraddistinte da alta specificità, sensibilità e risoluzione laterale, ha portato a elucidare le cause e l'evoluzione del complesso processo d'inscurimento del finto oro fatto d'orpimento e argento metallico. Ha inoltre permesso di stabilire le condizioni ambientali ottimali per mitigare o prevenire l'avanzamento del viraggio di colore: esposizione del dipinto a un livello di umidità relativa percentuale non superiore a circa il 30% e mantenimento dell'illuminazione ai valori standard previsti per i materiali pittorici sensibili alla luce.
In futuro altre opere d'arte realizzate con una tecnica analoga a quella del Cimabue e che soffrono del problema d'inscurimento potranno essere analizzate con un simile approccio metodologico, così da contribuire all'ottimizzazione delle loro condizioni di conservazione.
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