La scienza di oggi è la tecnologia di domani

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 G. Dotti    16-05-2022     Leggi in PDF

Come trasmettere in modo efficace, al grande pubblico e ai decisori politici, il concetto – piuttosto ovvio per chi si occupa di scienza – che la ricerca odierna è la base per le applicazioni tecnologiche dei decenni a venire? È questa la domanda a cui ha provato a rispondere lo scorso 26 aprile, presso l'Ambasciata Francese in Italia a Palazzo Farnese a Roma, il Premio Nobel 2012 per la Fisica Serge Haroche, insieme a Luisa Cifarelli, professore di Fisica Sperimentale presso l'Università di Bologna e già presidente della Società Europea di Fisica, e Massimo Inguscio, professore emerito di Fisica della Materia presso l'Università Campus Bio-Medico (UCBM) di Roma e socio dell'Accademia Nazionale dei Lincei.

Un evento molto seguito sia in presenza sia online (la registrazione integrale è disponibile qui), organizzato insieme all'Institut Français Italia nell'ambito del nuovo ciclo di dibattiti "Tra Italia e Francia: una certa idea dell'Europa", in occasione della Presidenza francese del Consiglio dell'Unione Europea e con il format dei "Dialoghi del Farnese" sul mondo di domani. Il titolo del dibattito, autoesplicativo, è "Scienza di oggi, tecnologie di domani".

"Vincere un premio Nobel è una questione di fortuna, perché di fatto significa avere vinto un concorso fatto di circostanze, sulla base della valutazione di una commissione, in uno scenario mondiale in cui tantissimi fisici fanno cose interessantissime", ha raccontato Haroche. "Ma una volta ottenuto ci si sente investiti di una missione: essere testimoni della ricerca scientifica, dell'importanza della conoscenza e della sua acquisizione per la società, di raccontare al pubblico il valore della scienza e – cosa più difficile – spiegare ai responsabili politici l'importanza di sostenere la ricerca scientifica". Il problema, secondo Haroche, è soprattutto la differenza in termini di scale temporali. "Per i politici contano i risultati a breve termine, mentre la ricerca è per propria natura un’attività di lungo periodo, e il tempo che intercorre tra la ricerca fondamentale e le applicazioni può essere anche di parecchi decenni. Questo ci dice, per esempio, che bisogna mantenere da una generazione all’altra il patrimonio di conoscenze scientifiche acquisite, e per fare questo la società deve riuscire a creare condizioni favorevoli".

Difendere la libertà della ricerca di base di fronte alla logica di una scienza che avrebbe come unico scopo il profitto è del resto il compito per il quale Haroche da anni si sta spendendo, senza perdere occasione di ribadire esempi concreti di applicazioni quali laser, computer e imaging a risonanza magnetica, ma anche crittografia quantistica, materiali superconduttori e quantum computing.

Da sinistra a destra: Serge Haroche, Gianluca Dotti, Luisa Cifarelli e Massimo Inguscio.

Non a caso l'incontro si è tenuto anche in occasione dell'Anno Internazionale delle Scienze di Base per lo Sviluppo Sostenibile proclamato dall'Assemblea Generale delle Nazioni Unite. "Lo scopo di questa iniziativa è fare capire l'importanza della ricerca di base nella società di tutti i giorni, perché non se ne sa e non se ne parla abbastanza", ha commentato Luisa Cifarelli. "La scienza ci porta a conquiste formidabili e, anche parlando dell'Agenda dell’ONU per il 2030, come potremmo mai raggiungere tutti gli obiettivi prefissati senza la scienza di base che ci permette di fare quei progressi che portano benefici ineguagliabili?".

"Gli scienziati e i ricercatori sono troppo spesso rimasti chiusi nei laboratori, ora abbiamo il dovere di uscire, di andare verso l'esterno", ha aggiunto Massimo Inguscio, peraltro autore insieme a Gabriele Beccaria, del volume "Come potrebbe essere il domani – Perché la scienza può rendere il nostro futuro migliore", per Bur/Rizzoli. "Non si tratta semplicemente di divulgare esperimenti complicatissimi, ma occorre fare qualcosa di più, ciò che in inglese si chiama outreach, seguendo l'esempio positivo di quanto è accaduto in termini di comunicazione sui cambiamenti climatici".

Non si tratta dunque solo di fisica, ma della scienza in tutte le sue forme e declinazioni, il cui valore merita di essere raccontato e ribadito anzitutto da parte di chi se ne occupa quotidianamente.


Gianluca Dotti – Giornalista scientifico freelance e fisico classe 1988, dopo la laurea magistrale in Fisica della Materia all'università di Modena ottiene due master in Comunicazione della Scienza, alla SISSA di Trieste e a Ferrara. Ha tra le collaborazioni Wired Italia, Il Sole 24 Ore, Mediaset, Festival della Comunicazione di Camogli, StartupItalia e TuttoITS. Per Salani ha scritto "I mega eroi della scienza" (2019) della collana "Wired XS".