Cosa cambia per i ricercatori universitari

Condividi su      
 S. Mobilio    28-07-2022     Leggi in PDF

Il Parlamento ha approvato in modo definitivo la Legge 29 giugno 2022 n. 79, modificando in modo sostanziale il preruolo universitario rispetto alla struttura prevista dalla Legge 240/2010.

Sono stati aboliti gli assegni di ricerca, istituiti dalla Legge 449/1997 per consentire alle Università di affidare a giovani studiosi compiti di ricerca nell’ambito di progetti specifici, che in questi oltre trenta anni sono stati uno strumento di grande diffusione. Ma già nel 2015 nel documento "Ripensare la docenza universitaria: I. L’accesso al ruolo" il Consiglio Universitario Nazionale (CUN) sottolineava come essi fossero utilizzati non solo per la loro finalità istitutiva, ma anche per inserire giovani studiosi nella carriera universitaria: per questo motivo, il CUN auspicava un intervento normativo che prevedesse tipologie contrattuali ben distinte, disegnate in modo da rispondere efficacemente e separatamente a queste due diverse esigenze.

La legge 79/2022 ha recepito questa sollecitazione, istituendo i "Contratti di Ricerca" per la prima esigenza e una figura unica di "Ricercatore a tempo determinato", per la seconda.

I Contratti di Ricerca sono contratti di lavoro a tempo determinato che le Università, e anche gli Enti di Ricerca, possono stipulare ai fini dell’esclusivo svolgimento di specifici progetti di ricerca; hanno durata biennale (prorogabile di un anno per progetti a carattere nazionale e internazionale) e possono essere rinnovati una sola volta per ulteriori due anni; la durata massima possibile è quindi di cinque anni. Sono riservati a chi è in possesso del titolo di dottore di ricerca e il loro importo è stabilito in sede di contrattazione collettiva in misura non inferiore al trattamento iniziale spettante al ricercatore confermato a tempo definito. Non danno luogo ad alcun diritto per l’accesso al ruolo, né possono essere computati ai fini delle disposizioni di legge sul superamento del precariato nelle pubbliche amministrazioni. Si tratta quindi di una tipologia contrattuale finalizzata all’affidamento di specifici compiti di ricerca limitati nel tempo che, però, a differenza degli assegni di ricerca, considera i titolari dei contratti come ricercatori, recependo quanto previsto dalla Carta Europea dei Ricercatori riguardo agli aspetti normativi, retributivi e previdenziali.

I nuovi contratti da Ricercatore a tempo determinato nascono dalla abolizione dei precedenti contratti di tipo a e b, ma recepiscono le caratteristiche dei tipo b: sono delle vere e proprie “tenure track” finalizzate all’inserimento dei giovani nella carriera universitaria dopo un congruo periodo di prova. I ricercatori, infatti, sono tenuti a svolgere attività di didattica, di didattica integrativa e di servizio agli studenti, nonché di ricerca. Hanno una durata di sei anni e per essi è prevista la possibilità di chiamata in ruolo come professore associato dopo il terzo anno previa valutazione positiva del Dipartimento a cui afferiscono, se il ricercatore risulta idoneo al concorso di abilitazione nazionale. La valutazione dovrà svolgersi secondo criteri che saranno fissati con decreto del Ministro: criteri che prevederanno, in ogni caso, lo svolgimento di una prova didattica nell’ambito del gruppo scientifico-disciplinare di riferimento. Infine, per favorire la mobilità dei giovani tra le sedi universitarie, le Università devono vincolare almeno un terzo degli importi destinati alla stipula dei contratti da ricercatore in favore di candidati che per almeno trentasei mesi abbiano frequentato corsi di dottorato di ricerca o svolto attività di ricerca presso Università o Istituti di Ricerca, italiani o stranieri, diversi da quella che emana il bando.

Le intenzioni del legislatore sono chiare e fissano dei paletti che separano del tutto i due momenti di avviamento alla ricerca e di avviamento alla carriera universitaria. Questa nuova struttura del precariato e del preruolo universitario risponderà efficacemente anche alle esigenze delle sedi universitarie? Rispetto agli assegni di ricerca i contratti di ricerca sono notevolmente più onerosi e perché possano essere utilizzati in modo estensivo è necessario che il Ministero dedichi stabilmente a essi risorse aggiuntive. I contratti da ricercatore a tempo determinato vincolano le Università a impegnare risorse in modo definitivo prima di quanto non avvenisse con le due tipologie di RTD-a e RTD-b: è plausibile ipotizzare che le Università tenderanno a ritardare una decisione così impegnativa, con la controindicazione di ritardare anche l’immissione in ruolo dei giovani, che è uno degli aspetti che la normativa vorrebbe invece anticipare.


Settimio Mobilio – Già professore ordinario di Fisica Sperimentale, ha svolto ricerche su materiali innovativi mediante spettroscopia di raggi X con luce di sincrotrone prima ai Laboratori Nazionali di Frascati dell’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare (INFN) e poi all’European Synchrotron Radiation Facility di Grenoble. È stato Preside della Facoltà di Scienze e Direttore di Dipartimento presso l’Università degli Studi Roma Tre. Attualmente è Presidente della Conferenza dei Presidenti e dei Direttori delle Strutture Universitarie di Scienze e Tecnologie (con.Scienze).