Il Premio Nobel per la Fisica del 2022

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 L. Fallani, M. Inguscio    31-10-2022     Leggi in PDF
Alain Aspect, John Clauser e Anton Zeilinger, Premi Nobel 2022 per la Fisica. Crediti: © The Nobel Foundation, © Nobel Media.

Il premio Nobel per la Fisica del 2022 è stato assegnato a tre scienziati che hanno dato un contributo fondamentale alla comprensione della meccanica quantistica, la scienza che descrive il comportamento del mondo microscopico. Grazie ai loro esperimenti, condotti a partire dagli anni '70 dello scorso secolo, Alain Aspect, John Clauser e Anton Zeilinger sono riusciti a dimostrare la realtà dell'entanglement, una delle conseguenze più inafferrabili della meccanica quantistica, ma al tempo stesso il suo tratto più distintivo. Quando due particelle sono in uno stato entangled, ogni azione compiuta sull'una ha una conseguenza immediata sullo stato dell’altra, anche se queste si trovano a distanze grandissime tanto da non poter interagire tra loro. Se lanciassimo in aria due "monete quantistiche" entangled, in due località opposte sulla superficie terrestre, queste cadrebbero a terra mostrando sempre la stessa faccia (il 50% dei casi testa-testa e il restante 50% croce-croce). Oppure cadrebbero sempre con facce opposte (50% testa-croce e 50% croce-testa), a seconda del tipo di entanglement che le lega.

Il dibattito sull'esistenza dell'entanglement e sul suo reale significato si è protratto per più di 50 anni, dagli albori della meccanica quantistica fino agli anni '80 del secolo scorso. Tra gli "oppositori" più famosi del concetto di entanglement ricordiamo Albert Einstein, che lo individuò come un aspetto paradossale della meccanica quantistica, e in un famoso articolo del 1935 con Boris Podolski e Nathan Rosen muoveva da questa considerazione per concludere che la meccanica quantistica fosse una teoria inadeguata a dare una descrizione completa della realtà. Un contributo fondamentale al dibattito venne dal fisico britannico John S. Bell, che nel 1964 individuò delle relazioni tra quantità misurabili (le cosiddette "disuguaglianze di Bell") che, se misurate sperimentalmente, avrebbero potuto portare a una risposta alla domanda sulla realtà dell'entanglement. L'esistenza dell'entanglement è stata dimostrata proprio grazie agli esperimenti realizzati dai tre fisici sperimentali, che hanno sviluppato delle metodologie ottiche innovative per studiare le correlazioni quantistiche tra particelle di luce, i cosiddetti fotoni. Dopo gli esperimenti pionieristici di Clauser negli anni '70, è stato Aspect nel 1982 a dimostrare la realtà dell'entanglement al di là di ogni ragionevole dubbio, e più di recente Zeilinger ne ha mostrato alcune applicazioni spettacolari. Fra queste c'è quella del teletrasporto quantistico di informazione, dove fondamentale è stato il contributo dato dal nostro Francesco De Martini e dalla sua scuola romana.

Questo Premio Nobel, anche se arrivato a quarant'anni di distanza dall'esperimento di Aspect, è estremamente attuale. Nelle motivazioni per il conferimento del premio, destinato a quegli scienziati che grazie al loro lavoro hanno portato un "beneficio all'umanità", il Comitato Nobel ha riconosciuto l'importanza della scoperta per lo sviluppo sperimentale della scienza dell'informazione quantistica. Ed è proprio sulla capacità di manipolare l'entanglement che si basa la "seconda" rivoluzione quantistica in cui stiamo vivendo. La comunità scientifica internazionale è al lavoro sullo sviluppo di nuovi dispositivi che, non soltanto si basano su effetti quantistici per il loro funzionamento (com'è il caso del transistor, protagonista della "prima" rivoluzione quantistica), ma sfruttano la natura quantistica dell’informazione, codificata non più in bit classici, ma in bit quantistici, i cosiddetti qubit. È proprio grazie all'entanglement che stiamo costruendo computer quantistici in grado di effettuare calcoli con prestazioni esponenzialmente maggiori dei computer classici, dispositivi ottici per comunicazioni quantistiche ultrasicure, nuovi sensori quantistici in grado di misurare variazioni piccolissime di grandezze fisiche, per imaging, monitoraggio ambientale, diagnostica bio-medica, e molto altro.

La comunità scientifica mondiale è al lavoro nell'ambito di importanti programmi di finanziamento sovranazionali (come l'iniziativa Quantum Flagship dell'Unione Europea, partita nel 2018 con un finanziamento decennale di 1 miliardo di euro), ma anche con l'interessamento diretto delle grandi aziende IT (Google, IBM ...), che nell’ultimo decennio hanno moltiplicato gli investimenti nel settore. L'Italia gioca un ruolo da protagonista in molti ambiti, a partire dalla ricerca portata avanti con i fotoni per applicazioni di informazione e comunicazione quantistica, fino allo sviluppo di nuovi dispositivi per la simulazione e il calcolo basati su sistemi atomici. Un forte potenziamento di queste attività arriva ora grazie alle nuove opportunità di finanziamento che vengono del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza, tra le quali figurano la creazione del Centro Nazionale in High-Performance Computing, Big Data e Quantum Computing, con piattaforme basate su atomi, ioni, fotoni e superconduttori, il Partenariato Università-Enti-Imprese che porterà alla creazione dell'Istituto Nazionale per le Scienze e le Tecnologie Quantistiche, e la realizzazione dell'Infrastruttura nazionale di ricerca I-PHOQS del CNR per la fotonica e le scienze quantistiche, che integra queste iniziative e le proietta verso il futuro.

Concludiamo sottolineando come queste frontiere della tecnologia nascano dalla ricerca di base, dalla curiosità intellettuale che ha mosso Aspect, Clauser e Zeilinger a dare una spiegazione a quegli aspetti così paradossali della teoria quantistica. Con questo premio ancora una volta il Comitato Nobel ci ricorda l'importanza della ricerca curiosity-driven, che – come per l'invenzione del laser sessant'anni fa – può fornire soluzioni a problemi che ancora non conosciamo, e aprire così direzioni radicalmente nuove nello sviluppo della tecnologia.


Leonardo Fallani – Professore Associato di Fisica della Materia del Dipartimento di Fisica e Astronomia dell'Università degli Studi di Firenze e ricercatore del LENS e dell'Istituto Nazionale di Ottica del CNR. La sua attività di ricerca è nell’ambito della fisica atomica, ottica e molecolare e nello sviluppo di simulatori e calcolatori quantistici basati sul controllo ottico di atomi.

Massimo Inguscio – Professore Emerito di Fisica della Materia dell'Università Campus Bio-medico di Roma, Direttore dell'area "Quantum Science and Technology" del LENS e associato all'Istituto Nazionale di Ottica del CNR. La sua attività di ricerca è nel campo della fisica atomica, ottica e molecolare e nello sviluppo di tecnologie quantistiche. Già presidente del CNR e dell'INRIM, è socio di numerose Accademie, tra cui l'Accademia Nazionale dei Lincei, l'Accademia delle Scienze di Torino e l'Academia Europaea.