Un omaggio a Nella Mortara

Condividi su      
 M. Focaccia    24-02-2023     Leggi in PDF

L'11 febbraio si celebra in tutto il mondo la Giornata Internazionale per le Donne e le Ragazze nella Scienza, istituita dall'Assemblea Generale delle Nazioni Unite nel 2015. Nell'Agenda 2030, sottoscritta nel 2015 da 193 paesi, un traguardo fondamentale è proprio la piena parità di genere: ciò nonostante, le donne continuano a essere sottorappresentate negli studi e nelle carriere scientifiche rispetto agli uomini. In Italia, sebbene le donne costituiscano quasi il 60% dei laureati in Italia, registrando prestazioni migliori sia in termini di studio che di votazione finale, il loro numero, prendendo in particolare in esame le materie STEM, è molto inferiore a quello dei loro colleghi maschi.

Per poter innanzitutto raggiungere una parità di opportunità tra donne e uomini, è necessario iniziare con lo sradicare stereotipi e pregiudizi, attraverso una cultura della parità e del rispetto delle differenze. Una cultura che passa anche attraverso la presa di coscienza dell'apporto delle donne alla scienza nel corso della storia e dalla consapevolezza del loro valore, come delle vere e proprie protagoniste, e non, come spesso erano state presentate, fenomeni da salotto, eccezioni, ribelli o eroine. Al contrario, nei secoli, le donne hanno praticato la scienza e la ricerca secondo molteplici modalità, spesso partecipando a vere e proprie imprese scientifiche. L'obbiettivo deve essere quindi restituire un’immagine più veritiera e completa del loro ruolo nei campi della scienza e della tecnica, togliendole dall'invisibilità patita nel corso dei secoli. Ecco perché le storie delle scienziate del passato possono essere d’ispirazione: sono storie di sforzi e fatiche, di primati raggiunti e di eccezionali competenze portati avanti da queste pioniere.

Tra queste, vorrei ricordare Nella Mortara (1893-1988), laureata in Fisica a Roma nel 1916, nel 1919 nominata assistente di Orso Mario Corbino, Direttore del Regio Istituto di Fisica di via Panisperna, con l'incarico di coordinare la Scuola pratica per i corsi di Fisica, Matematica e Chimica: la cosiddetta "Fisichetta", come si chiamavano allora scherzosamente gli Esercizi di Fisica del primo biennio, in contrapposizione alla "Fisicona", il corso biennale di Fisica Sperimentale. Nell'immagine iniziale di questo articolo, Nella Mortara è la prima a sinistra tra le scienziate raffigurate.

Un compito che Nella svolse sempre con grande competenza e abnegazione, sovraintendendo alla preparazione di varie generazioni di studenti, tanto da guadagnarsi il nomignolo di "zia Nella", perché per lunghi anni fu una presenza costante nei laboratori dell’Istituto di Fisica. Insieme a Giulio Cesare Trabacchi, che dirigeva l'Ufficio del Radio con sede in via Panisperna, Nella Mortara ideò alcuni metodi per tarare i preparati radioattivi servendosi di camere di ionizzazione. Descrisse inoltre le proprietà di diffusione del radon e migliorò i procedimenti per la sua purificazione. Infine, lavorò agli impianti messi a punto per l’estrazione del radon da una soluzione di cloruro di radio, dando prova di grande padronanza rispetto alle tecniche che il complesso sistema di estrazione e purificazione dell’emanazione richiedeva.

Con la promulgazione delle leggi razziali, iniziò per Nella un periodo particolarmente difficile e doloroso. Se nel 1936, per la conferma nell'incarico di assistente, il Ministero dell’educazione nazionale chiedeva al Direttore dell’Istituto di Fisica di far conoscere se Nella fosse iscritta al Partito fascista, nel 1938, il 25 ottobre, il Rettore dell'Università di Roma informava sempre il Direttore che dalla scheda di censimento personale risultava che la "Signorina Nella Mortara" – le veniva tolto anche il titolo di professoressa! – apparteneva alla razza ebraica e pertanto era sospesa dal servizio a decorrere dal 16 ottobre 1938.

Nella Mortara fu l'unica, all’interno del Regio Istituto di Fisica, a subire direttamente, sulla propria persona, le conseguenze delle odiose leggi razziali. Dovette darsi alla clandestinità: lasciò l'Italia e fuggì in Brasile dal fratello maggiore Giorgio, già emigrato sempre a causa delle leggi razziali. Non resistette però a lungo: era preoccupata per la famiglia rimasta a Roma e dunque, con un viaggio avventuroso, rientrò nella Capitale nel marzo del 1941, accolta e tenuta nascosta in un istituto religioso di suore Orsoline polacche. Non troppo nascosta, in effetti, come lei stessa scriveva in una lunga lettera inviata all'amico Enrico Persico, in cui raccontava i drammatici eventi della capitale occupata.

Molto della personalità di Nella Mortara emerge proprio dalla corrispondenza che tenne con Persico, che conobbe ancora studente a Roma, e col quale intrecciò una lunga e profonda amicizia. Lettere affettuose, a tratti confidenziali, dove si parla di fisica, di lavoro, ma anche di famiglia e di svaghi; di progetti e di speranze. Ne emerge la figura di una donna intraprendente, energica e sportiva.

Dopo la fine della guerra, Mortara venne reintegrata nel suo ruolo di assistente. Era però tutto cambiato: la sede ormai era all'interno della nuova cittadella della Sapienza e a dirigere il nuovo Istituto era Antonino Lo Surdo: «Quanto al ritorno in servizio mi ci hanno richiamato solo da pochi mesi … Ma credo che, prima di ottobre, darò volontariamente le dimissioni, perché non mi ci ritrovo più bene; e poi ... quel Direttore! Nei tempi dei tedeschi, fingeva di non riconoscermi, se m'incontrava; dopo, voleva quasi abbracciarmi!».

Passarono comunque alcuni anni: nel dicembre del 1947 confidava sempre all'amico Persico: «Io sono sul punto di abbandonare l'Istituto per passare alla Sanità; tutto ciò se il Ministero accoglierà la mia domanda di collocamento in pensione (corredata da un falso certificato medico, perché non si può andar via se non si hanno 40 anni di servizio o 65 di età – ma 10 anni fa mi avevano pure messo in pensione)».

Nel febbraio del 1949 le viene confermata in via definitiva l'abilitazione alla libera docenza in fisica sperimentale; il 31 ottobre dello stesso anno si dimette volontariamente dall'incarico. Non si ritirerà però a vita privata: continuerà a collaborare, per oltre un decennio, con l'Istituto Superiore di Sanità.


Miriam Focaccia – Ricercatrice e storica della scienza presso il Museo Storico della Fisica e Centro Studi e Ricerche "Enrico Fermi" di Roma, è esperta di storia delle istituzioni scientifiche e dei laboratori di ricerca e autrice delle biografie di alcuni protagonisti della scienza post-unitaria. Si occupa inoltre del rapporto tra donne e scienza in Italia a partire dal XVIII secolo.