La Signora dei Ghiacci

Dopo più di 12 mila miglia percorse e 40 giorni di navigazione dal porto di Lyttelton, pochi giorni fa la rompighiaccio Laura Bassi è arrivata a Trieste, concludendo la sua missione nell’ambito della campagna oceanografica della 38a Spedizione Italiana del Programma Nazionale di Ricerche in Antartide (PNRA), finanziata dal Ministero dell’Università e Ricerca.
La nave, di proprietà dell’Istituto Nazionale di Oceanografia e di Geofisica Sperimentale (OGS), si è distinta quest’anno per aver portato la ricerca italiana nel punto più a sud dell'Antartide, raggiungendo la latitudine di 78° 44.280' S.
Ricordo l’avventura vissuta da Presidente dell'OGS nel 2019, quando abbiamo avviato una complessa ricerca di una nave polare che sostituisse la gloriosa Explora (12 campagne antartiche). Ricerca conclusasi con l’acquisto, d’intesa con il MUR e con la comunità scientifica nazionale, di una nave rompighiaccio che garantisse la possibilità di navigare nei mari polari nel pieno rispetto delle regole internazionali del nuovo "Polar Code". La nostra nuova Signora dei Ghiacci è stata battezzata "Laura Bassi" in onore della fisica e accademica italiana (1711 – 1778), prima donna al mondo a ottenere una cattedra universitaria di "filosofia universa".
Dopo due spedizioni che hanno risentito delle limitazioni imposte dalla pandemia, quella del 2022-2023 è stata finalmente una campagna regolare, in cui le attività di studio sono riprese a pieno ritmo e con significativo successo.
Racconta Franco Coren, Direttore del Centro Gestione Infrastrutture Navali dell’OGS, anche lui rientrato in Italia da poco: "Sono passati oramai trent'anni dalla mia prima volta in Antartide. Ora con la Laura Bassi, un vero rompighiaccio da ricerca, ci si sente protetti, si percepisce la sua forza che dà sicurezza mentre affronta il ghiaccio; la nave è il sogno di ogni ricercatore, con la sua dotazione di sistemi scientifici e la sua capacità operativa si raccolgono dati dovunque e quasi in qualsiasi condizione. Ma molte cose sono rimate immutate, quella sensazione strana di trovarsi in un luogo che non ti appartiene, che non ha tempo, la luce del sole che nel periodo in cui andiamo ci accompagna anche di notte, il bianco abbagliate del ghiaccio, il nero petrolio dell’acqua prossima al congelamento, il freddo che ti punge la faccia. Non cambia l'emozione di vedere il primo iceberg e in lontananza la terraferma, tutte queste sensazioni sembrano eterne e inscalfibili. La vita di bordo è un susseguirsi di riti che servono a scandire il tempo e a dare un ritmo alla missione spesso troppo veloce, sembra che il tempo oscilli fra momenti che passano veloci e altri che sembrano infiniti. Ci si ritaglia uno spazio mentale proprio visto che la vita a bordo è caratterizzata da poca privacy. Al rientro alla civiltà la Nuova Zelanda ti accoglie con il verde, colore che ti rendi conto mancare del tutto in Antartide, e i profumi dell'erba che ti rammentano ancora una volta la stranezza di quel continente remoto".
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