Il metodo contro le umane autorità: i 400 anni del Saggiatore di Galilei

Nell'ottobre del 1623 gli accademici lincei firmavano la dedicatoria a papa Urbano VIII premessa al Saggiatore, l'opera più significativa di un lungo botta e risposta sulla natura delle comete intercorso fra Galileo Galilei e gli astronomi gesuiti, dopo che tre di esse erano state osservate nei cieli europei fra il 1618 e il 1619. Si trattava in quel frangente di una replica alla Libra astronomica ac philosophica che Orazio Grassi, professore di matematica al Collegio Romano, aveva pubblicato sotto pseudonimo. L'ironia polemica che traspariva fin dal titolo (il saggiatore era il bilancino di precisione dell'orefice, la libra era la stadera grossolana da mercato della frutta) pare facesse sbiancare in volto il Grassi alla sola vista del frontespizio.
Le comete erano solo in apparenza l'oggetto del contendere. Il vero scontro (ad armi impari in seguito al processo inquisitoriale del 1616, culminato nella proibizione di trattare del moto terrestre al di là della pura ipotesi matematica) si consumava su due diversi sistemi del mondo: l'universo di Copernico contro l'elio-geocentrismo del danese Tycho Brahe, fatto proprio dagli astronomi in tunica dopo che le scoperte celesti divulgate da Galileo col Sidereus nuncius avevano dimostrato irrefutabilmente la falsità delle teorie aristotelico-tolemaiche sul cosmo, teorie già messe in dubbio, ma mai palesemente confutate prima del telescopio.
Sulle comete Galileo Galilei aveva tutt'altro che le idee chiare: presumeva fossero riflessi della luce solare su esalazioni terrestri, il cui moto rettilineo appariva deviato perché la rotazione della Terra mutava posizione all'osservatore. Ma non ostentava troppa sicurezza: "non riusciamo a capire come una cicala possa frinire mentre l'abbiamo in mano" – scriveva nella celeberrima favola dei suoni – "saremo perciò scusati se non sappiamo bene come si formi una cometa alla distanza enorme che ci separa da lei". Le sue certezze erano tutte altrove, e tutte antitetiche alla tradizione aristotelica: il linguaggio della natura non è quello dei poeti, ma quello della matematica; non è fatto di lettere o parole comuni, ma di figure geometriche; non si spiega per via retorica, ma per dimostrazioni necessarie; non è leggendo poderosi volumi di autori celebri, ma solo osservando direttamente "il grandissimo libro che continuamente ci sta aperto dinanzi agli occhi", cioè "l'universo", che possiamo comprendere le leggi della natura, "sorda e inesorabile" ai "vani desideri" dell'uomo e impermeabile alla potenza delle sue autorità. Un vero e proprio discorso sul metodo, che fa del Saggiatore uno dei testi cruciali della scienza moderna, a prescindere dall'esattezza delle tesi specifiche che vi si difendono.
L'articolata operazione diplomatica orchestrata dalla rete lincea, a partire dalle allegorie della matematica e della filosofia naturale associate nel frontespizio all'arme di papa Barberini, diede i suoi frutti: il pontefice, divertito, amava farsi leggere il Saggiatore durante i pasti. Ma il passo sulle qualità utili alla conoscenza dei corpi, primarie ed essenziali quelle misurabili (moto, figura, numero, dimensioni), secondarie e ininfluenti quelle che prendono vita solo se i sensi le percepiscono (colore, sapore, odore), oltre a presupporre una malvista materia corpuscolare, s'insinuò violasse il dogma della transustanziazione. L'Inquisizione avrebbe drizzato presto le antenne, prefigurando orizzonti tempestosi.
Sui 400 anni del Saggiatore, segnaliamo il recente convegno organizzato a Roma dall'Accademia Nazionale dei Lincei e dal Museo Galileo.
Sara Bonechi – Da anni nello staff del Museo Galileo di Firenze, cura in particolare le "Teche", biblioteche digitali avanzate che contengono archivi, manoscritti, edizioni, lessici, indici ragionati e strumenti di ricerca per lo studio di personalità e istituzioni che hanno fatto la storia della scienza italiana. Argomenti prediletti Galileo Galilei, la sua scuola e le letture multiformi della sua figura nel corso dei secoli.