Scienza in evoluzione

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 L. Cifarelli, A. Bettini    25-06-2015     Leggi in PDF
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Circa un anno fa, un comunicato stampa della Commissione Europea lanciava una consultazione pubblica allo scopo di stimare le tendenze verso "a more open, data-driven and people-focused way of doing research and innovation."

L'annunciata "Public Consultation on Science 2.0: Science in Transition" conteneva l'invito a consultare un apposito documento informativo e a compilare sulla sua base un apposito questionario.

Il documento in questione, tutt'ora consultabile online, dichiara che il modo di fare ricerca è radicalmente cambiato, tanto da poter definire una nuova "release" per la scienza, appunto la 2.0. Gli ingredienti della versione 2.0 sono:
1. Un significativo aumento della produzione scientifica
2. Un nuovo modo di fare scienza: una scienza ad alta intensità di dati, resa ormai possibile dalla disponibilità di ingenti set di dati
3. Un aumento del numero di attori e di destinatari della scienza.
Ma, oltre a questi elementi quantitativi, vanno considerati i nuovi strumenti per la scienza e la ricerca quali l'open access alle riviste e ai dati, la scienza fatta dai cittadini, i blog scientifici, il Facebook degli scienziati (Research Gate), etc. Ovviamente tutti questi elementi esistono, ma preoccupa l'importanza data loro dalla Commissione che li vede come determinanti: "a paradigm shift in the modus operandi of research and science impacting the entire scientific process", evidenzia il documento.

Sulla base delle (498) risposte al questionario, di un buon numero (27) di "position statements" da parte di vari soggetti interessati (Università, Enti di ricerca, Accademie, Società scientifiche, Editori, etc.) e delle varie opinioni raccolte in quattro successivi workshop organizzati nel periodo ottobre-dicembre 2014, la Commissione ha ora pubblicato il Rapporto Finale "Validation of the results of the public consultation on Science 2.0: Science in Transition". In questo documento alcune delle preoccupanti posizioni iniziali sembrano essere state corrette, a partire dall'infelice termine "Science 2.0" cambiato nel più positivo "Open Science".

È interessante soffermarsi sulla domanda relativa all'importanza dei cittadini agenti come scienziati: solo l'11% degli intervistati si è detto a favore di un loro coinvolgimento. Nei workshop organizzati dalla Commissione è stata ribadita l'importanza della comunicazione al pubblico ma è stato anche sottolineato come questa comunicazione sia cosa ben diversa dalla partecipazione del pubblico stesso come attore della scienza. Attualmente si parla molto in effetti di "scienze partecipative", simpaticamente dette "sciences citoyennes" in francese. Esistono molti progetti e iniziative specifiche. Basti pensare alla rilevazione di dati ambientali e territoriali (temperatura, umidità, ecc.) su scala globale da parte dei cittadini e, in particolare, dei ragazzi delle scuole, oppure alla raccolta di dati naturalistici o astronomici, oppure ancora alle campagne di "pattern recognition" su campioni di immagini biomediche, anche queste realizzabili in ambito scolastico. Alcune di queste iniziative potrebbero rappresentare un potente strumento di istruzione scientifica nei Paesi in via di sviluppo.

Vanno menzionate inoltre le recenti iniziative open data nel campo della fisica che consentono l'accesso e lo studio di dati ottenuti con fondi pubblici, resi quindi dovutamente disponibili al pubblico. Alcuni esempi da citare sono il portale "CERN Open Data" (di cui abbiamo già parlato in SIF Prima Pagina), con il quale CERN ha reso accessibili una parte dei dati registrati dagli esperimenti al Large Hadron Collider (LHC), il programma "International Masterclasses: Hands on Particle Physics" di IPOGG (International Particle Physics Outreach Group), e la recente proposta di IPOGG, ancora in fase embrionale, per "Global High School Cosmic Ray Studies" da parte di studenti e docenti delle scuole in tutto il mondo.

Pur essendo ricco di spunti innovativi, il Rapporto Finale della Commissione Europea continua tuttavia a contenere elementi che potrebbero essere alla base di decisioni politiche pericolose per la ricerca da parte delle Istituzioni. Ne sono esempi, fra i tanti, l'ipotesi adombrata del coinvolgimento della rete nella valutazione delle pubblicazioni e dei ricercatori (Research Gate, blog scientifici e simili) ed eccessive limitazioni dei diritti d'autore, che potrebbero arrecare serio danno all'editoria didattica europea. Sul secondo pericolo editori europei hanno recentemente lanciato un appello alle Istituzioni politiche UE per la difesa della libertà di espressione, appello di cui abbiamo già parlato in SIF Prima Pagina nello scorso numero di maggio.

Ciò nonostante, e malgrado alcuni doverosi caveat sull'irrinunciabile qualità della scienza e della ricerca, più si fa scienza e più se ne parla, coinvolgendo un numero di persone sempre maggiore, e meglio è! Questa è l'evoluzione della scienza che noi tutti auspichiamo.

Luisa Cifarelli
Presidente SIF

Alessandro Bettini
Vice Presidente SIF



Science in transition

About a year ago, a press release of the European Commission launched a public consultation in order to estimate the trends towards "a more open, data-driven and people-focused way of doing research and innovation."

The announced "Public Consultation on Science 2.0: Science in Transition" contained an invitation to consult an appropriate briefing document and to fill, based on this, a specific questionnaire.  

The document in question, which is still available online, declares that the way of doing research is radically changed, so a new "release" for science can be defined, namely the 2.0. The ingredients of version 2.0 are:
1. A significant increase in scientific production
2. A new way of doing science: a data-intensive science, enabled by today's availability of huge data sets
3. An increase in the number of actors and addressees of science.
But, in addition to these quantitative elements, new instruments for science and research should be considered, such as open access to journals and data, science made by citizens, scientific blogs, the scientists' Facebook (Research Gate), etc. All these elements of course exist, but the importance given to them by the Commission, which sees them as decisive, is alarming: "a paradigm shift in the modus operandi of research and science impacting the entire scientific process", highlights the document.  

On the basis of (498) replies to the questionnaire, of a good number (27) of position statements by various stakeholders (universities, research centres, academia, learned societies, publishers, etc.) and of the various opinions gathered in four consecutive workshops organized during the period October-December 2014, the Commission has now published its Final Report "Validation of the results of the public consultation on Science 2.0: Science in Transition". In this document some of the worrisome initial positions appear to have been corrected, including the unfortunate term "Science 2.0" changed in the more positive "Open Science".  

It is interesting to dwell on the question regarding the importance of citizens acting as scientists: only 11 percent of respondents declared to be in favour of citizens' involvement. In the workshops organized by the Commission the importance of dissemination to the public was reiterated but it was also stressed that dissemination is very different from participation of the public itself as an actor of science. Actually there is much talk today about the so-called "hands-on" sciences, nicely translated as "sciences citoyennes" in French. There are many specific initiatives and projects. Just think about the survey of environmental and territorial data (temperature, humidity, etc.) on a global scale by citizens and, in particular, school kids, or about naturalistic or astronomical data collection, or about campaigns of pattern recognition on biomedical images, these as well achievable in the school sphere. Some of these initiatives could represent a powerful tool for science education in developing Countries.

Also recent open data initiatives in the field of physics should be mentioned. These allow access and study of data obtained with public funds, thus duly made available to the public. Some examples to quote are the portal "CERN Open Data" (to which we have already devoted an article in SIF Prima Pagina), with which CERN has made accessible a fraction of data recorded by experiments at the Large Hadron Collider (LHC), the program "International Masterclasses: Hands on Particle Physics" of IPOGG (International Particle Physics Outreach Group), and the recent proposal by IPOGG, still in an embryonic stage, for "Global High School Cosmic Ray Studies" by students and teachers of schools worldwide.  

Despite being packed with innovative ideas, the Final Report of the European Commission still contains elements that could be the basis for dangerous political decisions for research taken by Institutions. Examples are, among others, the preluded possibility of the involvement of the web in the evaluation of publications and researchers (Research Gate, blogs and similar) and excessive limitations of copyright, which could cause serious damage to the European educational publishing sector. Concerning this second danger, European publishers have recently launched an appeal to EU political institutions for the defence of freedom of expression, an appeal of which we have already spoken in the last May issue of SIF Prima Pagina.

Nonetheless, and despite some due caveat on the indispensable quality of science and research, the more we make science and the more we talk about science, involving an ever-increasing number of people, the better! This is the transition of science that we all want.

Luisa Cifarelli
SIF President  

Alessandro Bettini
SIF Vice President