Il Jet Propulsion Theatre – The Human Side of Science

Il Jet Propulsion Theatre – The Human Side of Science (JPT) è un laboratorio di idee, contenuti ed emozioni per portare sul palcoscenico del teatro alcuni dei grandi misteri della scienza. Nel progetto, la cui sigla gioca sull’assonanza con il Jet Propulsion Laboratory (JPL) del California Institute of Technology, sono coinvolti il Dipartimento di Fisica dell'Università di Trento e in particolare il Laboratorio di Comunicazione delle Scienze Fisiche (LCSF) attraverso una convenzione ufficiale di collaborazione fra l’Ateneo e il JPT. Nel gruppo di ricerca di didattica della fisica del Dipartimento di Trento si inserisce l’attività di Andrea Brunello, PhD in fisica teorica, diplomato in scuole di teatro russe e statunitensi e direttore artistico della compagnia di teatro Arditodesìo di Trento.
Con tre produzioni dal 2012 a oggi, la collaborazione fra il mondo della ricerca e dell’espressione artistica si è rivelata fruttuosa.
Ne “Il Principio dell’Incertezza” il JPT racconta, ispirandosi a Feynman (che riusciva a stupirsi e ancora ci stupisce al cospetto dell’esperimento della doppia fenditura) il dramma personale dello scienziato che tenta di saltare fra universi paralleli in cerca di affetti strappati dal proprio “percorso” terreno. Le formule attraversano la scena lasciando ombre di bellezza formale ma anche di risposte non date a pensieri profondi, rumorosamente silenziosi.
L’incertezza aumenta nella seconda produzione “Torno in dietro e uccido il nonno”, dove si vestono di drammaticità le domande sul significato – scientifico e cognitivo – del tempo. Un tempo relativo, certamente, ma ancor più sicuramente foriero di interrogativi sulla sua eventuale fisicità (inclusa la sua direzionalità termodinamica) e, a volte, paradossalità. Qui si ripercorrono vecchi misteri sul passato e sul futuro creando al contempo aspettative per una nuova visione, sempre carica di emozioni, di un tempo cosmologico compatibile con le più recenti teorie dell’universo.
Nell’ultima produzione “A pale blue dot” si affrontano anche problematiche nel campo dell’evoluzione climatica del nostro pianeta: la scienza, con i suoi strumenti, è in grado di dare un contributo oggettivo alla discussione sul futuro dell’umanità. Lo fa in un racconto che guarda la Terra attraverso l’occhio lontano di Voyager I, la sonda che il Jet Propulsion Laboratory ha lanciato 38 anni fa nella speranza che qualcuno legga i messaggi di una razza, la nostra, che rischia l’auto-estinzione. L’effetto serra viene raccontato con il garbo che si deve riservare a un fenomeno che permette la vita ma che, se spinto oltre i livelli già raggiunti di guardia, può soffocare il nostro pianeta della sua stessa febbre. Numeri che possono quantomeno far pensare, utilizzando il metodo della scienza nel contesto della drammatizzazione scenica. Lo permette un linguaggio, quello teatrale, che qui ha trovato spazio nel contesto della fisica.