Belle II: nuova fisica per i ricercatori INFN in Giappone

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 F. Forti    29-04-2016     Leggi in PDF
Vista del punto di collisione di SuperKEKB prima che venisse completamente schermato con blocchi di cemento. Il rivelatore Belle II è visibile sullo sfondo. Credits: KEK.

Lo scorso 2 marzo, per la prima volta, sono stati iniettati e fatti circolare stabilmente dei fasci di elettroni e positroni nell’acceleratore SuperKEKB del laboratorio KEK di Tsukuba, a una settantina di km da Tokyo. L’obiettivo del programma scientifico che verrà realizzato con il rivelatore Belle II, attualmente in costruzione, è la scoperta dei segnali sfuggenti delle particelle ancora da scoprire, cioè non contemplate dalla teoria del Modello Standard, cioè la “nuova fisica”.

Belle II è un sofisticato rivelatore frutto di una collaborazione internazionale formata da oltre 600 fisici e ingegneri provenienti da 23 nazioni diverse, a cui una vivace comunità di più di 60 scienziati provenienti da nove università e laboratori e sezioni dell'INFN (Napoli, Padova, Perugia, Pisa, Torino, Trieste, Roma1-Enea Casaccia, Roma3, Laboratori Nazionali di Frascati) porta importanti contributi intellettuali e costruttivi. I gruppi italiani sono impegnati in particolare nella costruzione di tre elementi chiave dell’esperimento: il rivelatore di vertice (SVD), il sistema di identificazione di particelle (TOP), e il calorimetro elettromagnetico (ECL), necessari rispettivamente alla misura precisa del punto in cui le particelle decadono, al riconoscimento di quali particelle attraversano il rivelatore, e alla misura della loro energia. Inoltre, l’Italia assicura un notevole contributo ai mezzi di calcolo necessari per l’analisi dell’enorme quantità di dati che l’esperimento raccoglierà.

SuperKEKB è il primo acceleratore per la ricerca in fisica fondamentale a entrare in funzione dopo il Large Hadron Collider (LHC) del CERN di Ginevra e utilizza, a differenza dei protoni di LHC, fasci di elettroni e positroni, che viaggiano in anelli separati a energie diverse, rispettivamente di 7 e 4 miliardi di elettronvolt (GeV). Gli anelli sono anche molto più piccoli di LHC (3 km invece che 27 km), ma sfruttando per la collisione dei fasci uno schema innovativo detto dei “nano-beams”, sviluppato originariamente presso i Laboratori Nazionali di Frascati dell'INFN, potrà raggiungere una luminosità di 40 volte superiore a quanto ottenuto in precedenza a queste energie. Ed è proprio l’intensità, e la conseguente precisione di misura, lo strumento che i fisici di Belle II vogliono utilizzare per identificare i segnali della nuova fisica. È un po' come cercare di rivelare il passaggio al largo di una grande nave, pur non riuscendo a vederla direttamente con un cannocchiale, ma osservando con grande precisione i mutamenti delle piccole onde che arrivano a riva.

I fisici italiani hanno anche contribuito alla realizzazione di un apparato di dimensioni ridotte rispetto a Belle II, ideato per misurare le proprietà dei fasci di particelle che circolano nell’acceleratore in questa fase iniziale, e fornire così informazioni necessarie per la messa a punto del sistema. L’inizio della presa dati con il rivelatore completo è previsto per il 2018.